Viaggiare induce automaticamente a paragonare la realtà in cui si vive con nuovi scenari, a farsi domande su cosa sentiamo effettivamente “casa”, a fantasticare circa il luogo in cui trasferirsi alla prossima possibile delusione di vita.
Recentemente ho avuto la fortuna di viaggiare tra i paesini umbri, d’inverno quando le cittadine presentano ancora gli strascichi del Natale e si animano di feste medievali; solo pochi giorni nella natura, tra buona cucina e buon vino, mi sono bastati per rimpiangere la saggia semplicità delle realtà più a misura d’uomo.
Ecco perché “Umbria”, perché questa regione mi ha accolto e stupito con un’aria di casa che, a Milano, purtroppo fatico a respirare ancora dopo anni, a dimostrazione di come “casa” non stia tanto nel luogo dove potresti potenzialmente avere tutto, quanto piuttosto dove stanno le cose di cui hai bisogno.
Dell’inverno mi piacciono i silenzi
e tutti i suoi tramonti arancioni,
la campagna che pare muoversi a tentoni;
ma io qui a Milano, tra grattacieli insonni,
vedo tutto un po’ sfocato, solo stagioni a buon mercato
Se penso all’Umbria,
di nuovo tutto ha senso
è lì che stare bene
prende il sopravvento,
e se sentirsi a casa è
questione di semplicità
è lì che anche tu
ameresti la notte più blu
E’ così che in quelle terre la natura parla
se la luna alta nel cielo sembra un dolce di panna,
e i suoi crateri le impronte lasciate dal sole,
che impaziente e goloso, non sa aspettare le nove,
ora di inizio della festa per la nascita di una stella